Export e PMI

Perché si parla di Attività, ma (quasi) mai di Piani e Risultati

Alberto Pavoni

Sul tema “internazionalizzazione delle PMI” vediamo oggi tante belle proposte. Quasi sempre però senza un riferimento ad obiettivi commerciali, ad un piano da seguire, ad un bilancio costi/benefici. Intendo, senza un target di fatturato o un profilo dei partners locali esteri da selezionare, messi nero su bianco. Ci hai mai fatto caso?

Voglio spiegarti perché ciò accade…

E’ semplice: pianificare un percorso export e definire precisi obiettivi di crescita richiede anzitutto una
esperienza vera, di azienda e di mercato. Poi è anche molto impegnativo, nel senso che ti vincola, indirizza le cose, permette all’azienda di misurarti sull’attività export svolta. Pianificare presuppone dunque che vi sarà un confronto costante (evidentemente talora scomodo) su parametri oggettivi come step, tempi, risorse, bilancio investimento/risultato.

Più facile restare sul vago, no?

Non a caso quindi non si parla di piani e risultati, ma semmai semplicemente di attività da svolgere, talora di pseudo-obiettivi. Della serie «fidati della mia superorganizzazione». Parliamoci chiaro:

  • Ottenere una lista di prospect esteri potenziali non è per te un risultato. E’ un output ancor grezzo di sistema. Poi comincia davvero il bello….
  • Telefonare o scrivere per agganciare potenziali clienti finali da sede qua e là nel mondo non è un risultato. E’ fare un tentativo, un salto nel buio.
  • Impegnarsi per eseguire alcuni interventi al mese in azienda non è di per sé un risultato. E’ un mezzo, il tempo di un manager messo a tua disposizione.

Ciononostante, i costi di struttura dei big players incidono più del 50%

Tutte le attività possono esserti utili. Ma lo saranno molto di più se inserite in un piano. E non sono
risultati. Forse dovremmo guardare di più dietro a tante parole. Troppe PMI (prese nel vortice della
quotidianità) camminano su un filo sottile… Il viaggio non è mai la meta. Portare con successo
una organizzazione industriale a crescere e consolidarsi all’estero richiede un chiaro distinguo.
Chiedo allora a chi gestisce: vogliamo fare attività oppure ottenere risultati? E’ ragionevole (visto che
non è proprio gratis) navigare nella nebbia? E se non succede niente è perchè «era difficile»? Concedere
quindi una immunità preventiva a prescindere?

Il nodo sta proprio qui.

In questa formidabile deriva epocale verso la spersonalizzazione dei rapporti, la delega sempre più ampia alle intelligenze artificiali, l’impero annunciato delle piattaforme globali, la prevalenza del manager digitale (e probabilmente ho dimenticato qualcosa), c’è forse davvero bisogno di recuperare una dimensione più umana, valori di etica del business, maggiore apprezzamento delle competenze, più trasparenza nel dire e coerenza nel fare. E’ l’attività che deve guidarci al risultato. Chiaro. Ma queste cose non sono da confondere tra di loro, e non saranno mai sinonimi.

Ma forse a qualcuno dirti questo non conviene…

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